PILLOLE DI STORIA

PILLOLE DI STORIA

IL FONDATORE, VINCENZO STEFANO BREDA

Vincenzo Stefano Breda è il fondatore della Società Alti Forni, Fonderie e Acciaierie di Terni, la prima grande industria siderurgica italiana. Nato a Limena (Padova) il 30 aprile 1825, in una famiglia di piccoli commercianti, si laurea nel 1847 in scienze matematiche e diviene un patriota insignito della medaglia al valor militare per aver partecipato alle prime due guerre d’indipendenza. Nel 1854 avvia la Società per le Strade Ferrate dell’Italia Centrale e nel 1866 è eletto deputato del ventesimo collegio della città di Padova. Sei anni dopo fonda la Società Veneta, un’impresa che opera nel settore delle infrastrutture e che realizza gli acquedotti delle città di Venezia e Napoli e vari tronconi della rete ferroviaria veneta e lombarda. A partire dal 1867, all’indomani dell’annessione del Veneto al Regno d’Italia, Breda inizia a caldeggiare fortemente in Parlamento un programma di potenziamento dell’industria militare italiana. Egli prevede la fondazione, attraverso una formula ibrida di finanziamento a gestione a metà pubblica e metà privata, di una o più fabbriche d’armi, per rifornire l’esercito e la flotta militare di fucili e cannoni. Il piano del Breda nasce in un contesto di «panico nazionale» scaturito all’indomani delle sconfitte militari del 1866, quando al timore per la sicurezza del Paese si unisce un crescente spirito nazionalista e industrialista. Il progetto, però, non va a buon fine poiché i tempi non sono ancora maturi per un’iniziativa così gravosa per il neonato Regno d’Italia. Breda tuttavia mantiene solidi legami con la classe dirigente e non abbandona le sue idee. Nel 1871, infatti, tiene un discorso al Parlamento proponendo di costruire una fabbrica d’armi e un impianto siderurgico presso la città di Terni, indicata dal Breda come il luogo più idoneo per la ricchezza idrica e la buona posizione strategico-militare. Dopo la caduta della Destra storica, l’industriale padovano stringe rapporti con Depretis, Zanardelli e, in particolare, con il ministro della Marina Benedetto Brin che nel 1883 viene nominato presidente della Commissione delle Industrie Meccaniche e Navali. Il ministro ha l’incarico di visitare gli stabilimenti siderurgici e meccanici del Regno, allo scopo di verificarne l’effettiva capacità produttiva e individuare quelli idonei a sostenere un programma di armamenti navali per l’emancipazione dello Stato dalle forniture estere. Al termine dei sopralluoghi, Brin decide di sostenere il progetto di Breda e stabilisce che lo stabilimento adatto a fornire piastre di corazzatura destinate alle navi della Regia Marina sia la Società degli Alti Forni e Fonderie di Terni Cassian Bon & C., società in accomandita per azioni fondata nel giugno del 1881 dall’ingegnere belga Cassian Bon, in seguito alla rilevazione da parte di questi della Fonderia Lucowich, azienda specializzata nella produzione di ghisa in pani e tubi per acquedotti. A Breda è affidato il compito di rilevarla e di impiantarvi un’acciaieria. Il 10 marzo 1884 la Società degli Alti Forni e Fonderie di Terni Cassian Bon & C. viene trasformata in società anonima con il nome di Società Alti Forni, Fonderie e Acciaierie di Terni, con un capitale sociale di sei milioni di lire, alla cui formazione partecipano Breda in persona, nominato presidente, la Soc. Veneta e diversi banchieri e capitalisti veneti.

Le prime 3 autoblindo Fiat-Terni, 10 ottobre 1919

LE AUTOBLINDO FIAT-TERNI

Nel 1918 l’Esercito Italiano commissiona all’azienda la costruzione di autoblindo per le operazioni militari in Libia. Negli stabilimenti siderurgici si avvia per la prima volta la produzione di veicoli militari, dodici esemplari modello Fiat-Terni, noto anche come il “Tripoli”. Il veicolo è lungo circa 4 metri e mezzo per una larghezza di 1,7, la velocità massima è di 45 chilometri orari.
Per la sua fabbricazione è utilizzato il telaio e la meccanica dell’autocarro Fiat 15-Ter, sufficientemente robusto per attraversare i suoli sassosi e sabbiosi nord africani. La camera di guida e combattimento, in cui entrano massimo quattro uomini, è di forma cilindrica, munita di due portelli laterali, feritoie di guida e torretta chiusa decorata con un motivo a rombi rosso, bianco e verde e armata con mitragliatrice Fiat-Revelli 14 da 6,5 mm raffreddata ad acqua. La carrozzeria è blindata con lamiere d’acciaio da 6 mm di spessore.
Nel 1919 le autoblindo sono spedite a Tripoli, assegnate al II e IV battaglione Cacciatori d’Africa per essere impiegate in diverse operazioni militari come la conquista, nel 1926, delle oasi di Giarabub e di Cufra. L’Esercito le utilizza per compiti di scorta o ricognizione fino alla metà degli anni Trenta. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, per migliorarne le prestazioni, si apportano importanti modifiche strutturali: sono allestite nuove ruote con gomme a bassa pressione e la torretta diventa a cielo aperto, armata con mitragliatrice Breda SAFAT da 12,7 mm con efficacia anche antiaerea. Le autoblindo modificate sono assegnate alla Brigata corazzata speciale Babini durante la campagna militare del Nord Africa, ma saranno tutte perse nei primi mesi del conflitto.

STORIE DI PRIMATI: LA CABINA SFERICA DEL BATISCAFO TRIESTE

A partire dagli anni Trenta del secolo scorso iniziano le prime esplorazioni dell’uomo nelle profondità marine. Le immersioni vengono effettuate dentro abitacoli sferici monopezzo, batisfere, manovrati in superfice dalle navi a cui sono agganciati tramite funi metalliche. Mezzi pioneristici che riescono a raggiungere una profondità massima di 1350 metri. Lo scienziato svizzero Auguste Piccard, inventore del pallone aerostatico, ha l’idea di creare un veicolo idoneo alle immersioni, autonomo nella discesa, negli spostamenti e nella risalita.  Una sorta di sottomarino semplificato nei suoi mezzi di manovra e di propulsione, ma irrobustito in modo da resistere a profondità maggiori. Inventa il batiscafo. Piccard progetta un abitacolo sferico in acciaio dove alloggiare l’equipaggio, di diametro interno di circa due metri in grado di ospitare due uomini più la strumentazione e con aperture per l’accesso e la visione esterna. Esso è collegato ad un serbatoio di sostentamento (flotteur), capace di una spinta idrostatica tale da permettere la risalita dopo l’abbandono della zavorra necessaria per la discesa. L’idea è di riempirlo con benzina molto raffinata, un liquido più leggero dell’acqua del mare, necessario per bilanciare qualsiasi pressione esterna. Nel 1952 Piccard, insieme al figlio Jacques, trovano in Italia l’ambiente favorevole per la realizzazione di tale mezzo sottomarino: il serbatoio è allestito a Monfalcone dai Cantieri Riuniti dell’Adriatico, la cabina sferica si costruisce presso le acciaierie di Terni e il montaggio completo è eseguito a Castellammare di Stabbia nei Cantieri della Navalmeccanica. La realizzazione della cabina sferica costituisce la parte più delicata e complessa dell’operazione. Deve resistere alle forti pressioni sottomarine e quindi va costruita in soli due pezzi in acciaio fucinato, per garantire maggiore compattezza e regolarità strutturale. In quegli anni l’acciaieria di Terni è l’unica azienda al mondo in possesso degli impianti necessari per fabbricare due semisfere fucinate prive di difetti, oltre ad avere tecnici con grande esperienza e competenza nel campo dei grossi fucinati. Nella primavera del 1953 la cabina, esempio di alta tecnologia siderurgico-meccanica, è completata e trasportata a Castellammare per effettuare il montaggio del batiscafo, che viene battezzato con il nome di Trieste. Dall’agosto del ’53 all’ottobre del ’57 sono effettuate diverse immersioni nel Mar Tirreno, tra cui si ricorda quella del 1 ottobre 1956 presso la fossa di Ponza, con la quale si esplorano i fondali più profondi del Mediterraneo, raggiungendo il record di 3.700 metri. Nel 1958 Piccard cede il Trieste alla Marina statunitense che avvia un programma di esplorazioni in California. Il batiscafo è inserito nel progetto Nekton, per l’esplorazione delle massime profondità marine del mondo. Si decide, per questioni di sicurezza, di costruire una nuova cabina sferica che garantisse la resistenza alle pressioni subite alla profondità di 11.000 metri. L’acciaieria rifiuta la commessa di una nuova sfera e il lavoro è affidato alla Krupp di Essen. Il 23 gennaio 1960 il Trieste, così modificato, arriva alla profondità record di 10.972 metri del Challenger Deep, all’estremità sud della fossa delle Marianne. La cabina forgiata a Terni è comunque riutilizzata per altre missioni, come la ricerca del sommergibile Thresher, affondato al largo di Boston nel 1963. Oggi è conservata a Washington presso l’U.S. Navy Museum.