Nell’anno 1886 entra in funzione il laboratorio chimico per le analisi sperimentali sull’acciaio, necessarie al miglioramento della qualità delle produzioni. In un ordine di servizio datato 15 novembre dello stesso anno, si legge che nei reparti acciaieria Bessemer (punto di interesse storico n. 13) e acciaieria Martin 1 (punto di interesse storico n. 14) si devono preparare per ogni colata di acciaio fuso, sia un provino per il laboratorio chimico che un saggio fucinato da sottoporre a prova di trazione presso l’officina prove meccaniche (punto di interesse storico n. 3). Le analisi sono effettuate quotidianamente su diversi tipi di acciaio, ghisa, combustibile, terre, silicati, scorie, leghe, olii etc.
I primi strumenti in uso nel laboratorio sono fra i più moderni dell’epoca. Un fornetto a muffola, alimentato ad olio di catrame che raggiunge fino a 1500 gradi di temperatura, è usato per le calcinazioni, gli arrostimenti e le disgregazioni. Ci sono poi apparecchi Orsat, per le analisi del gas, e Nöbel per le analisi delle terre. Nella monografia aziendale pubblicata nel 1898, è descritto il resto della strumentazione: bilance idrostatiche, aerometro Nicholson, picnometri, calorimetri Thompson e un viscosimetro di Engler per le analisi degli olii. Il laboratorio è suddiviso in diversi locali: una grande sala per la preparazione dei saggi e una per le analisi speciali, un locale con bagno a sabbia, uno per le bilance di precisione, uno con trapani per la presa dei saggi sui metalli, un ufficio per le pratiche amministrative. In quell’epoca tutte le analisi dell’acciaio sono effettuate “per via umida” e un’analisi completa di circa nove elementi richiede 24 ore di tempo. Nel 1950 si diffonde la spettrografia a lettura diretta e i tempi di analisi sono ridotti a qualche minuto. Oggi il laboratorio chimico è collocato in un’altra area dello stabilimento, ma la palazzina è ancora esistente e ospita il centro sviluppo materiali.